di Ivo Invernizzi
Proseguendo la nostra rassegna sulle trimestrali bancarie di recente pubblicazione, ci imbattiamo in un indicatore molto importante utilizzato nell’informazione finanziaria periodica delle principali investment banks americane, istituzioni finanziarie che sono sia big del wealth management, sia top players sui mercati finanziari. Si tratta di una misura di patrimonio essenziale: il Tangible Common Equity TCE o capitale ‘tangibile’. Al di là dell’utilizzo dei principi contabili US-GAAP o IFRS, questa grandezza patrimoniale è critica, perché utilizzandola a denominatore di un noto quoziente, viene calcolato il Return on average Tangible Common Equity (o ROTCE) o rendimento del capitale tangibile (rapporto tra utili netti a bilancio di fine esercizio a numeratore e patrimonio tangibile ‘medio’ calcolato nell’esercizio a denominatore). Da essa è possibile inoltre ottenere il valore contabile ‘tangibile’ per azione (Tangible Book Value per Share o TBVPS calcolato dividendo il TCE di fine esercizio per il numero delle sole azioni ordinarie a fine periodo) . Parlare di Tangible Book value Per Share, richiama la nostra attenzione al fatto che dal suo calcolo discende un multiplo di mercato importantissimo al fine di analizzare la relativa ‘cheapness’ di un titolo azionario bancario rispetto alla media di settore e ai principali ‘peers’: il Price To Book Value (PTBV) per share, che rapporta la quotazione sul mercato del titolo azionario bancario al suo valore di libro ‘tangibile’ per azione. Soffermiamoci brevemente sulla relazione tra ROTCE e PTBV per share. A causa dell’impatto sostanziale del ROTCE sul multiplo citato PTBV, il management delle banche dovrebbe concentrarsi fortemente sulla redditività del capitale, mediante la quale si dovrebberro remunerare gli azionisti (massimizzazione del ROTCE) che può contribuire a creare valore per i portatori di capitale di rischio, aumentando il TCE stesso mediante la ritenzione di utili non distribuiti ma accantonati a riserve patrimoniali. Se una banca trattiene gli utili convertendoli in aumento del patrimonio netto e non ‘restituisce’ in forma liquida monetaria tale capitale agli azionisti ordinari mediante dividendi, il valore contabile tangibile per azione aumenterà, riducendo il multiplo PTBV in presenza di quotazioni del titolo azionario bancario stabili. Tuttavia, al contrario un calo di ROTCE a seguito di una allocazione inefficiente del capitale avrà un impatto negativo sul valore del patrimonio netto contabile della Banca. Ricordiamo che gli indicatori TCE, ROTCE e TBVPS su riportati sono misure finanziarie ‘non tipicamente US-GAAP’ ma nemmeno ‘IFRS’, cioè possono essere riportate universalmente nelle trimestrali sia di banche americane sia europee. Il TCE rappresenta il patrimonio netto attribuibile agli azionisti ‘ordinari’ della Banca (cioè, il totale patrimonio netto al netto del valore delle azioni privilegiate o preferred shares) al quale viene sottratto tutto quello che ‘non è tangibile’ ovvero il goodwill o avviamento contabilizzato in sede di operazioni straordinarie e le attività immateriali ‘identificabili’ (i cosiddetti intangibles classici in senso stretto) al netto delle relative imposte differite passive, le cosiddette Deferred Tax Liabilities o DTL. Le DTL rappresentano le passività fiscali differite originate dall’immediata deduzione dell’avviamento dal reddito imponibile e dei beni immateriali identificabili contabilizzati in occasione di transazioni non imponibili. In sintesi, gli intangibles annoverano l’avviamento e altri beni immateriali e non vengono contemplati in sede di calcolo del TCE. La misurazione del TCE rivela l’adeguatezza patrimoniale della Banca e riveste particolare delicatezza nel caso di molte investment banks che hanno una forte incidenza di azioni privilegiate sul totale delle categorie azionarie contemplate nelle voci di capitale sociale, quali alcune grandi banche americane che hanno beneficiato di bailout in conseguenza della crisi finanziaria del 2008-2009.