Patrimoniale in Banca – Settembre 2022
di MARCO FERFOGLIA
Di questi giorni, con l’avvicinarsi delle elezioni del 25 settembre, si fa molto parlare e proporre nuovi vantaggi fiscali a favore dei cittadini, spesso dimenticando che lo Stato può predisporre servizi ed erogare danari solo quando riesce prima ad incassare una somma equivalente. A titolo pratico di seguito ho riassunto le “Imposte patrimoniali” che i singoli cittadini già ora corrispondono allo Stato tramite le banche, che fungono in tal caso da “sostituti d’imposta”.
“PATRIMONIALE STATICA”
- Con riferimento al conto corrente: l’ammontare dell’imposta di bollo è pari a un valore fisso pari a 34,20 euro all’anno per le persone fisiche, somma prelevata dai conti correnti con un saldo superiore a 5.000 euro. L’imposta di bollo viene addebitata in via automatica all’emissione dell’estratto conto della banca o in fase di emissione del rendiconto periodico o annuale.
- Con riferimento al conto titoli: l’imposta di bollo da corrispondere è pari allo 0,2% annuo del controvalore di mercato dei prodotti finanziari presenti nel portafoglio.
“PATRIMONIALE DINAMICA”
Le persone fisiche a livello IRPEF vengono inoltre tassate quando incassano dei valori generati da rendite finanziarie derivanti da:
- Redditi di capitale; quando si fa riferimento: alla maturazione degli interessi sul conto corrente, ai dividendi derivanti da obbligazioni con un’aliquota da applicare al valore percepito corrispondente al 26%. Mentre per i titoli di Stato ed il risparmio postale la tassazione corrisponde al 12,5% sui valori acquisiti.
- Redditi diversi, che a priori risultano incerti nella definizione e nell’entità. Sono generati da plusvalenze realizzate (capital gain), a seguito della cessione di azioni, nonché quelle derivanti dalla cessione di titoli obbligazionari e da fondi comuni; con una conseguente tassazione pari a 26%. Mentre le plusvalenze derivanti dalla cessione di titoli di stato scontano una tassazione agevolata del 12,5 %.
OSSERVAZIONI
Spesso i commentatori finanziari ed i consulenti si “dimenticano” di evidenziare che i rendimenti dei relativi strumenti finanziari andrebbero in realtà confrontati al netto delle trattenute fiscali. Come nel caso dei valori azionari, questi vanno decurtati almeno del 26% senza evidenziare che le minusvalenze non sempre si riescono a “recuperare”.
Inoltre la tassazione degli strumenti finanziari in Europa risulta alquanto differenziata, osservando che l’Italia a riguardo non è tra le nazioni con le aliquote più basse, in quanto ad esempio la percentuale del capital gain in Lussemburgo e in Belgio è pari al 0%. Pertanto in tal ambito non appare a priori facile percorrere un incremento delle “tasse patrimoniali” sugli strumenti finanziari. Per contro non si può che osservare che le attuali finanze pubbliche italiane navigano in acque tempestose, e pertanto si spera di non dover subire un “prelievo patrimoniale forzoso” sui conti correnti dei cittadini italiani, come quello effettuato dal Governo Amato nel 1992.