di Ivo Invernizzi
L’enorme afflusso di depositi alle banche sia in Europa che negli Stati Uniti imputabile all’importante aumento dell’incertezza di questa pandemia pone le banche di fronte a importanti questioni concernenti la gestione dei loro bilanci, il cosiddetto balance sheet management. La crisi ha di fatto modificato i flussi di gestione caratteristica operativa delle banche obbligandole a adattare i loro funding plan sia alle moratorie sul credito introdotte in alcuni paesi, sia le garanzie di Stato sul credito. Se dal lato raccolta le cose sono andate discretamente bene, creando non di rado eccedenze di liquidità da impiegare a tassi non esattamente competitivi, si sono d’altro lato creati forti bisogni di liquidità fresca da parte di aziende, soprattutto le PMI, messe a dura prova da forzate interruzioni dei propri cicli produttivi e di cassa dovute ai lockdown. Il dato di fatto è che ora molte banche soprattutto negli Stati Uniti sono letteralmente inondate di depositi. L’evoluzione dei modelli di tesoreria e di impiego ha anche attirato l’attenzione delle autorità di vigilanza rivolte soprattutto al modo in cui le banche stanno utilizzando queste eccedenze di liquidità che hanno caratterizzato i bilanci bancari soprattutto da marzo con l’inasprirsi dei contagi e della crisi da coronavirus. Come se non bastasse si sono aggiunte le due banche centrali più importanti, Fed e BCE a introdurre importanti flussi monetari da Quantitative Easing mediante programmi straordinari di acquisto titoli anti-pandemia, la Fed addirittura tagliando i tassi di 150 basis points. Il dilemma della ‘pioggia di depositi’ di fronte al quale si sono trovate molte banche di come impiegarli in questo scenario di tassi 0 o negativi. Sono in molti gli esperti a domandarsi quale sarà il grado di reattività di queste importanti masse di liquidità ‘parcheggiate’ presso le banche in termini di volatilità di fronte a una eventuale futura (non poi così lontana in caso di recovery) risalita dei tassi. D’altro lato, una eventuale reversione verso il basso dei tassi in negativo (per il momento scongiurata negli States) potrebbe indurre le banche a ripensare alla progettazione ex novo dei propri prodotti di raccolta e impiego. Si noti che, non sono poche le banche che hanno dovuto investire queste eccedenze di liquidità in titoli obbligazionari a breve o brevissimo termine (T- Bills negli States ad esempio)che, pur rendendo effettivamente molto poco, hanno il vantaggio di una miglior ‘elasticità d’investimento’, potendo ridurre al minimo il costo opportunità di detenzione di capitale immobilizzato in attivi finanziari a duration maggiore, consentendone il rapido ‘roll’ o reinvestimento a condizioni migliori in caso di reversione a rialzo dei tassi; non dimentichiamo inoltre che i rendimenti potrebbero scendere ulteriormente con l’assestarsi delle economie post crisi. E ancora, questi frangenti di liquidità in eccedenza possono minare alla base il già fragile margine netto d’interesse, di fronte a un portafoglio crediti corporate da un lato non sempre molto redditizio e non immediatamente rinegoziabile nelle condizioni contrattuali al variare dei tassi, dall’altro di non facile futura esigibilità per motivi imputabili alla crisi (vedasi NPL e UTP). L’opportunità di fare incetta di risorse liquide a tassi a dir poco vantaggiosi sia sull’interbancario mediante repo, sia rifinanziandosi direttamente – nel caso delle banche europee – in BCE riporta alla ribalta il quesito sul come impiegare questa liquidità nel modo più vantaggioso. C’è poi un altro importante punto di domanda, l’aumento dei depositi amplia le dimensioni di bilancio, potrebbe pertanto implicare, al proporzionale aumento degli impieghi un ulteriore aumento dei requisiti di capitale regolamentari dovuto al lievitare dei Risk Weighted Assets (RWA). Secondo alcuni esperti, la chiave delle considerazioni su elencate è che il ‘balance sheet management’ (del quale approfondiremo alcuni punti in un articolo successivo), in questi tempi di crisi divenuto critico, si traduca nel mantenere una posizione di liquidità sostanzialmente stabile modulandola all’andamento del ciclo economico. In sintesi, il Covid-19 ha esasperato la necessità di adottare un balance sheet management (ALM) integrato che tenga conto da un lato dell’aumentata liquidità e della necessità di impiegarla profittevolmente anche in soluzioni di breve termine, dall’altro dell’evoluzione del mix di raccolta, modellandolo in funzione delle aspettative di scenario sui tassi.