BIS: Crisi di liquidità bancarie. Lezioni a un anno e mezzo di distanza – Ottobre 2024
di Ivo Invernizzi*
Osservando da vicino le crisi bancarie statunitensi e svizzera di primavera 2023, ci si può domandare, a distanza di 18 mesi e col ‘senno di poi’, cosa non ha funzionato nell’efficiacia di warning degli indicatori di liquidità bancaria (LCR e NSFR)? La risposta a tale quesito tenta di darla un interessante progress report pubblicato l’11 ottobre 2024 dalla Bank of International Settlements.
Citiamo direttamente l’introduzione del report:
“Le turbolenze bancarie di marzo-maggio 2023 hanno rappresentato lo stress bancario più significativo a livello di sistema dai tempi della Grande Crisi Finanziaria in termini di portata. Nell’arco di 11 giorni – dall’8 al 19 marzo 2023 – quattro banche con un totale attivo di circa 900 miliardi di dollari sono state chiuse, messe in amministrazione controllata o salvate. Successivamente, il 1° maggio 2023, una banca con un patrimonio di circa 230 miliardi di dollari è stata chiusa.”
Il focus del progress report BIS riguarda il liquidity risk. Vediamo alcuni (non tutti) interessanti takeaways:
Le origini delle crisi di liquidità
- la crisi di Credit Suisse è stata la conseguenza di ripetuti incidenti avvenuti all’interno della banca stessa, innescati da violazione obblighi legali e di vigilanza e da carenze nella gestione del rischio.
- Tali carenze hanno portato a una valutazione sempre più critica della banca da parte dei suoi clienti, degli operatori di mercato e delle agenzie di rating.
- A inizio di ottobre 2022 e a metà marzo 2023, Credit Suisse ha registrato due episodi con deflussi di depositi eccezionalmente ampi e rapidi, superando significativamente le ipotesi dell’LCR (Liquidity Coverage Ratio) e dell’NSFR (Net Stable Funding Ratio).
- Si tratta dei depositi per i clienti al dettaglio, in particolare depositi di elevato valore non assicurati.
- Le banche attive a livello internazionale potrebbero dover far fronte a deflussi monetari di stress diversi in paesi diversi e a diversa regolamentazione.
- i tassi di deflusso osservati nelle attività nazionali di Credit Suisse erano inferiori ai tassi di deflusso dei saldi dei clienti di gestione patrimoniale osservati nelle sue operazioni internazionali.
Alcuni driver del deflusso depositi (bank run)
- aumento della copertura mediatica negativa (compresi i social media)
- l’ampio accesso ai conti bancari digitali (homebanking e app) con rapidità prelievi pressochè immediata
Concentrazione dei depositi: caso banche americane
- concentrazione delle fonti di funding: depositi corporate concentrati su settori specifici
- concentrazione di depositi non assicurati
Concentrazione depositi: caso svizzero
- diversificazione funding su: depositi dettaglio, depositi wholesale, market funding
- alta concentrazione depositi su HNWI (High Net Worth Individual) a gestione patrimoniale
Tematiche connesse alle ipotesi dell’LCR (Liquidity Coverage Ratio)
- le attività a numeratore dell’LCR prontamente liquidabili in 30 giorni (bond, cash etc.) erano valutate a fair value, non a valore contabile
- l’LCR non distingue tra vendita definitiva e operazioni di pronti contro termine (repo) come strumenti di monetizzazione
- le banche che detengono titoli a reddito fisso valutati al costo ammortizzato (CA) (come nel caso di Silicon Valley Bank) con un importo consistente di perdite non realizzate possono astenersi dal venderli in una situazione di stress di liquidità.
- la vendita di tali attività cristallizzerà le perdite associate nei loro bilanci, con un impatto negativo sul capitale bancario
- le banche potrebbero utilizzare operazioni di pronti contro termine interbancario (repo), per generare liquidità senza cristallizzare perdite ‘latenti’
- nel caso statunitense, i mercati dei pronti contro termine (repo) parrebbero un’opzione ‘meno affidabile’ per monetizzare i titoli a CA
- il mercato dei pronti contro termine potrebbe essere pro-ciclico e una fonte inaffidabile di liquidità contingente in scenari di stress del mercato
- in condizioni di stress, la banca centrale o altre controparti del settore pubblico potrebbero rappresentare l’unico canale di monetizzazione per queste attività, seppure i titoli sarebbero soggetti agli scarti di garanzia o haircut (che tuttavia potrebbero non essere stati presi in considerazione nella valutazione dell’LCR, dato lo 0% scarto di garanzia per le attività di Livello 1)
- i finanziamenti garantiti mediante attività buffer di liquidità potrebbero caratterizzarsi per un tasso di finanziamento (costo) significativamente più elevato rispetto ai rendimenti prevalenti sui bond HQLA (High Quality Liquid Asset) acquistati negli anni precedenti
- il “carry negativo” (differenza tra rendimento basso del bond e alto costo di finanziamento mediante repo) causerebbe ulteriori stress di liquidità.
Secondo la BIS, le HQLA detenute a fair value con utili e perdite immediatamente attribuiti al patrimonio di vigilanza (FVOCI o Fair Value to Other Comprehensive Income), possono essere monetizzate più facilmente mediante una vendita a titolo definitivo senza incidere negativamente sul capitale al momento della vendita e possono quindi fornire maggiore flessibilità alle banche per riprendersi da scenari di stress rispetto alle HQLA a costo ammortizzato.
Tale forma di HQLA non sarebbe soggetta a:
- problema del carry negativo evidente nel caso di alcune banche americane in default nel 2023
- o al rischio di segnalazione di cristallizzazione di perdite non realizzate come nel caso di Silicon Valley Bank
Le raccomandazioni BIS
Ecco la “ricetta BIS” al fine di ‘prevenire è meglio che curare’ le crisi di liquidità:
- utilizzare strumenti di vigilanza addizionali all’LCR e all’NSFR
- migliorare la qualità e aumentare la frequenza degli indicatori di liquidità ‘alternativi’ (‘non Basel Indicators’)
BIS suggerisce anche un ‘utilizzo più oculato’ di LCR e NSFR mediante:
- sotto-indicatori dedicati
- maggior frequenza di reporting in condizioni gestionali ordinarie (Business As Usual)
- applicazione dell’LCR a tutte le entity di un gruppo bancario, non solo alla holding
- integrazione con i criteri contabili di valutazione delle HQLA
- granularità nella concentrazione delle fonti di funding
- complementarietà a fonti informative esterne di mercato
Noi aggiungiamo peraltro che, come riportato da uno studio di Bank Policy Institute di marzo 2023, Silicon Valley Bank avrebbe probabilmente passato il test LCR al 31 dicembre 2022 (se vi fosse stata sottoposta, ma non rientrando nel perimetro di Basilea non lo era). Secondo una simulazione di Bank Policy Institute, l’LCR di SVB sarebbe stato quindi pari al 150% (52,8 miliardi di dollari/35,2 miliardi di dollari) al 31 dicembre 2022. Il requisito è che l’LCR sia pari o superiore al 100%, ma sarebbe stata proprio l’elevata concentrazione di titoli di Stato americani (Treasury) in portafoglio a provocarne la crisi di liquidità.
*“i contenuti sono riferibili unicamente all’autore ed esprimono la sua personale opinione al 14/10/2024, non costituiscono alcuna raccomandazione d’investimento e non impegnano le società e istituzioni di appartenenza”
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RIFERIMENTI
The 2023 banking turmoil and liquidity risk: a progress report, 11th October 2024
https://www.bis.org/bcbs/publ/d582.htm
Silicon Valley Bank Would Have Passed The Liquidity Coverage Ratio Requirement, Bank Policy Institute, 14th March 2023
https://bpi.com/silicon-valley-bank-would-have-passed-the-liquidity-coverage-ratio-requirement/