Pensioni e strumenti complementari per i canali distributivi – Ottobre 2023

di Giovanni Rosario Clemente*

      Le tematiche inerenti alle pensioni interessano chiunque: cittadini, lavoratori, inoccupati, studenti, casalinghe, imprenditori, autonomi e intermediari poiché garantiscono sicurezze economiche e tutele per coloro che un giorno non lavoreranno più. Si tratta del cosiddetto welfare state, previsto nel nostro ordinamento (art.38 Costituzione).

È molto importante ai fini del presente articolo comprendere l’evoluzione e gli sviluppi normativi sulla previdenza, nonché il meccanismo di funzionamento degli Enti previdenziali come l’I.N.P.S., in quanto hanno delle implicazioni di carattere sociale, economico, finanziario ed ognuno di Noi deve conoscerne le criticità e soprattutto comprenderne le soluzioni.

Come sappiamo, ogni lavoratore, per avere diritto alla pensione deve maturarne i requisiti che sono identificabili sia nell’età pensionabile che nell’anzianità contributiva. Tuttavia, se si verifica il decesso del pensionato, agli eredi spetterà la pensione di reversibilità (1) . La pensione è garantita anche quando, a seguito di infortunio e/o malattia, viene a determinarsi per la persona una riduzione della capacità lavorativa sia totale che parziale. In tali casi, viene riconosciuta la pensione di invalidità, che si distingue in base ai contributi versati e alla media retributiva pensionabile. Unitamente, l’INPS garantisce la pensione di invalidità civile per coloro che hanno un’inabilità dal 74% al 100%.

Sussistono anche le cosiddette pensioni minime  e l’assegno sociale, due misure di sostegno finanziario per i cittadini che versano in una situazione di particolare bisogno. Spesso confuse tra loro (come trattamento minimo), sono però prestazioni che differiscono per requisiti di accesso ed importi erogati.

La pensione minima rappresenta un’integrazione riservata a coloro che ricevono degli importi pensionistici mensili inferiori rispetto ai limiti fissati per legge, in base allo stato civile del pensionato e a prescindere dall’anzianità contributiva. La pensione minima INPS per il 2023 è di € 563,74, ovvero € 7.328,49 annui (in attesa di modifiche legge di bilancio 2024).

L’assegno sociale viene invece erogato in misura piena quando il reddito personale del richiedente è uguale a € 0,00 e in misura ridotta se il reddito è compreso entro determinati limiti previsti. Nel corrente  anno 2023 la misura è pari a € 503,27 per 13 mensilità. Agli over 75, invece toccano € 600,00 mensili, in via transitoria, una volta recepita la misura prevista in manovra.

Le pensioni sono indicizzate in base all’inflazione e vengono corrisposte dagli istituti di previdenza del settore pubblico o privato. L’INPS in Italia è Il maggiore istituto di previdenza pubblica, avendo tra l’altro la gestione non soltanto di tutti i dipendenti del settore privato ma anche dei dipendenti pubblici (INPDAP), dei giornalisti (INPGI) e dei lavoratori dello spettacolo (ENPALS).

Al 31/12/2022 risultano iscritti all’INPS 26.213.000 di lavoratori assicurati (rapporto annuale INPS XXII pag.42).

Gli istituti di previdenza privata gestiscono invece le pensioni e l’assistenza dei liberi professionisti attraverso le casse previdenziali (notai, avvocati, architetti, ingegneri, etc.) e al 31/12/2022, risultano iscritti 1,7 milioni di lavoratori (XII rapporto annuale ADEPP – iscritti attivi).

Leggiamo spesso che le pensioni nei prossimi anni saranno di importo inferiore in quanto lo stato non sarà più in grado di garantire le prestazioni che assicurava un tempo, le pensioni minime con 15 anni di contribuzione o con un calcolo della pensione derivante ad esempio dalla media retributiva degli ultimi 5 o 10 anni. Risulta quindi importante capire le motivazioni di questo peggioramento e come si potrà provvedere autonomamente, affinché si possa mantenere quasi inalterato il proprio stile di vita da pensionato rispetto a quando lavoravamo.

La spesa previdenziale e assistenziale, come riporta l’articolo di Franco Mostacci “conti nazionali” del 30/05/2023, è complessivamente aumentata da € 361 miliardi del 2019 a € 407 miliardi del 2022 (+46%), generando uno squilibrio di 146 miliardi rispetto ai contributi versati dai lavoratori. Nello specifico, i contributi dei lavoratori attivi sono inferiori rispetto agli importi di prestazioni erogate.

Quindi il nostro sistema previdenziale per reggere finanziariamente, deve basarsi su un miglior equilibrio economico tra contributi e prestazioni, deve avere una costante e graduale crescita in termini di PIL, favorendo sia l’aumento dei tassi occupazionali sia il rapporto tra lavoratori e pensionati, sempre a favore dei primi. Se nel 1995 avevamo in Italia un rapporto pari a 24 pensionati su 100 lavoratori attivi, tale rapporto, nel 2010 è salito al 30,08% e punta a superare il 43% nel 2030, per superare il 60% nel 2050 (1BIS) .

L’INPS, al 1° gennaio 2023, ha erogato comunque ben 17,7 milioni di pensioni per un ammontare complessivo annuo di € 231 miliardi, che corrispondono a 13.6 milioni di trattamenti previdenziali e poco più di 4 milioni di prestazione assistenziali. Tali valori comprendono le pensioni di vecchia, invalidità, superstiti, indennitarie, di accompagnamento, etc. (2)

Per porre rimedio agli squilibri sopra evidenziati, ci sono state tre grandi riforme previdenziali: la riforma Amato D.lgs. n° 503 del 30/12/1992; la riforma Dini con la Legge n° 335 del 08/08/1995 e la riforma Monti/Fornero n° 214 del 22/12/2011. Chiaramente, per la sintesi dell’articolo, saranno toccati solo i punti fondamentali delle varie riforme, citando alcuni esempi di proiezioni pensionistiche spettanti ai lavoratori, arrivando quindi ad evidenziare l’utilità ed i vantaggi dei fondi pensione e degli strumenti di previdenza complementare.

La legge di riforma Dini N° 335 del 08/08/1995, che ha introdotto il sistema di calcolo della pensione con il metodo contributivo, ha determinato uno spartiacque tra lavoratori che avevano maturato al 31/12/1995 meno di 18 anni di contributi e coloro che li avevano già maturati. Quindi, Il calcolo attuale delle pensioni varia in funzione dell’anzianità contributiva, maturata dal lavoratore al 31/12/1995.

In virtù di quanto sopra, gli importi pensionistici si computano:

  •  con il sistema retributivo per i lavoratori con più di 18 anni al 31/12/1995;
  •  con il sistema misto (retributivo e contributivo) per i lavoratori con meno di 18 anni al 31/12/1995;
  •  con il sistema contributivo, per coloro che al 31/12/1995 erano privi di anzianità contributiva;
  •  dal 01 /01/2012, per tutti i lavoratori è stato applicato il calcolo della pensione con il sistema contributivo sulla quota di pensione maturata dal 01/12/2012 in poi (riforma Monti/Fornero).
  • La pensione con il sistema retributivo viene calcolata utilizzando la retribuzione media pensionabile per l’aliquota del 2% che diminuisce per fasce di reddito, moltiplicata per gli anni di contribuzione;
  • il sistema misto computa l’importo della pensione attraverso la sommatoria di due quote di pensioni (A+B), ovvero, la sommatoria determinata con il sistema retributivo più quella calcolata con il sistema contributivo;
  • con il sistema contributivo, l’importo pensionistico viene calcolato in base alla somma effettiva di tutti i contributi versati dal lavoratore (33% della Retribuzione Annua), rivalutati in base all’indice Istat delle variazioni quinquennali del PIL, moltiplicate per il coefficiente di trasformazione in rendita relativo all’età.

I coefficienti di trasformazione in rendita vengono aggiornati ogni triennio.

Il calcolo delle pensioni con il sistema contributivo ha di fatto eliminato le iniquità della stessa riforma Dini, ovvero un trattamento ingiusto nei confronti dei lavoratori, che a parità di contributi versati, avevano indennità di pensioni alte. Infatti, il calcolo delle pensioni con il sistema retributivo comportava spesso pensioni pari all’80% rispetto all’ultimo reddito percepito dal lavoratore.

Viceversa, la pensione calcolata con il sistema contributivo, riconosce tutti i contributi effettivamente versati dal lavoratore, favorendo un importo pensionistico di circa il 55% in media dell’ultimo stipendio (3)

 Per il calcolo della pensione con il sistema contributivo viene utilizzato il coefficiente di trasformazione in rendita, determinato in base all’età e sull’intera vita lavorativa.

Le riforme previdenziali, dal 1992 in poi, hanno determinato l’aumento del famoso “gap” previdenziale, ovvero la differenza tra la prima rata di pensione percepita dal lavoratore e l’ultimo stipendio: più alta è la differenza, minore è il tenore di vita del pensionato.

Dagli esempi sotto riportati, possiamo farci un’idea più precisa:

un lavoratore dipendente – settore privato Iscritto INPS – con una retribuzione media pensionabile di € 40.000,00 un’età di 67 anni e con 36 anni di contributi, percepirà come pensione di vecchiaia annualmente € 26.812,00 utilizzando il “sistema misto” e con un “gap” pari al 33%; sarà di € 26.492,00 con un “gap” di scopertura pari al 34%, utilizzando il “sistema di calcolo contributivo”; mentre, la pensione d’invalidità con 15 anni di contributi, sarà pari a € 8.288,00 con un “gap del 79%, rispetto all’ultimo reddito percepito (4) .

La Riforma Fornero del 2011 rappresenta un correttivo alla riforma Dini, istituisce come unico metodo di calcolo della pensione e per tutti lavoratori il “sistema contributivo”, eliminando la famosa gradualità prevista dalla Riforma Dini. Difatti, il calcolo della pensione con il sistema contributivo ha previsto la decorrenza dal 01/01/2012 in poi, l’età pensionabile di 67 anni (con 20 anni minimo di contribuzione) e per la pensioni anticipate occorrono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, mentre per le donne 41 anni di contributi e 10 mesi.

La pensione anticipata, che ha sostituito la pensione di anzianità, spetta a chi utilizza il “sistema misto” e “contributivo” fino al 31/12/2026; è prevista anche per i lavoratori che hanno compiuto 62 anni di età e che svolgono “attività usuranti”, unitamente ai “lavoratori precoci” che hanno un’invalidità pari al 74%, ai disoccupati e a coloro che hanno svolto lavori gravosi negli ultimi 10 anni.

Pensioni e strumenti di previdenza complementare rappresentano una valida possibilità di progettare un futuro migliore, che tutti noi desideriamo quando smetteremo di lavorare. Per questo, occorre accantonare risparmio previdenziale durante la vita lavorativa, perché lo Stato non potrà più garantire le pensioni e l’assistenza che forniva prima e gli esempi sopra riportati evidenziano quanto i “GAP” di scopertura previdenziale possano incidere nel mantenimento del tenore di vita.

Si può dunque affermare che occorre maggiore consapevolezza sia da parte dei cittadini che degli stessi organismi che gestiscono i fondi pensione (Banche, SIM, SGR, Compagnie di Assicurazioni), nel facilitare e promuovere cultura previdenziale, attraverso appositi canali d’informazione e intermediari.

Ma, ancor di più, è importante promuovere prodotti e strumenti di previdenza che possano conciliare retribuzioni e importi pensionistici, contributi e prestazioni per affiancare al primo pilastro della previdenza obbligatoria, un secondo pilastro definito previdenza complementare (vedi Fondi Pensione, PIP) – ed ancora un terzo livello o pilastro denominato previdenza individuale (come i Piani di Risparmio Assicurativi, i P.A.C., Polizze Long Terme Care, Polizze Dead Disease).

Lo Stato favorisce il risparmio previdenziale offrendo diverse agevolazioni fiscali, che altri strumenti non offrono. Esiste tuttavia una differenza sostanziale tra lavoratore dipendenti e lavoratori autonomi. Infatti, nel caso di un lavoratore dipendente, se è previsto un fondo pensione, il datore di lavoro può contribuire versando appunto la quota di TFR e se prevista, una misura percentuale della retribuzione spettante al lavoratore.  Lo stesso TFR può comunque essere versato in un fondo pensione aperto, oppure in un PIP (Piano Individuale Pensionistico), come vedremo più avanti.

La sottoscrizione ai fondi pensione avviene mediante i contributi che versano gli aderenti, anche se giovani e minorenni, con la finalità di crearsi una pensione fin dagli inizi della loro vita lavorativa. Gli strumenti di previdenza complementare sono diversi, ma le macro-famiglie con cui vengono identificati i fondi pensione si distinguono in: fondi pensione aperti, fondi pensione chiusi/negoziali, preesistenti ed i PIP.

  • I fondi pensione aperti sono forme complementari di previdenza realizzate dalle banche, dalle SIM, dalle SGR, che hanno la finalità di essere sottoscritte oltre che dai lavoratori, anche da tutti coloro che non hanno o non aderiscono ad un fondo pensione: casalinghe, disoccupati, giovani, dipendenti, autonomi, liberi professionisti.
  •  I fondi pensione chiusi/negoziali sono destinati a specifiche categorie professionali o a dipendenti di una singola azienda e vengono negoziati attraverso contrattazione collettiva tra sindacati e
    datori di lavoro.
  •  I fondi pensione preesistenti sono stati istituiti prima del D.lgs. n° 124 del 21/04/1993, che ha introdotto per la prima volta una disciplina sui fondi pensione.
  •  I Piani Individuali Pensionistici (PIP) sono controllati dalle compagnie di assicurazione e gestiscono le adesioni su base individuale, regolate dalla D.lgs. n° 252 del 05/12/2005.

Dalla relazione annuale Covip del 2022, emerge che le forme pensionistiche complementari in Italia sono 332 e contano 9.240.387 di iscritti, che comprendono gli occupati e le persone in cerca di occupazione di età superiore ai 15 anni. Le risorse complessive destinate alle prestazioni (3) totalizzano 205,596 miliardi, pari al 10,8% di PIL e al 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.

In sintesi, le posizioni aperte sui fondi pensione in Italia sono:

  •  fondi negoziali 33 – Posizioni in essere 3.806.064
  •  fondi aperti 40 – Posizioni in essere 1.841.702
  •  fondi preesistenti 191 – posizioni in essere 676.092
  •  PIP 68 – posizioni in essere 3.698.145

Quando si maturano i diritti, come per la previdenza obbligatoria, il fondo pensione fornisce tre possibili tipologie di prestazioni:
1. trasformare tutti i contributi versati in una rendita
2. trasformare il 50% in capitale ed il rimanente 50% in rendita
3. trasformare tutti i contributi versati in un capitale finale, sempre che sussistano i requisiti previsti dalla legge. Tali requisiti, prevedono di chiedere il 100% in capitale se, convertendo il 70% della posizione
individuale, si abbia una rendita annua di importo inferiore al 50% dell’assegno sociale.

L’autorità di vigilanza sui fondi pensioni è la COVIP, l’adesione è su base volontaria ed è in funzione del settore di riferimento (vedi contratti bancari, metalmeccanici, chimici, etc.) inoltre, se il contratto di lavoro prevede l’adesione obbligatoria al Fondo pensione preesistente, si viene iscritti automaticamente.

I vantaggi dell’adesione al fondo pensione sono diversi:

  •  i contributi versati sono deducibili fino ad un massimo € 5.164,57 di reddito complessivo annuale.
  •  i rendimenti sono tassati al 20%, rispetto al 26 % degli investimenti finanziari. Tuttavia, se i rendimenti provengono da titoli dello Stato, la tassazione è pari al 12.50%.
  •  Tassazione del 15% sulle prestazioni a scadenza (capitale o rendita). Tale tassazione diminuisce di uno 0,30% annualmente fino al 9% se la durata del fondo pensione è superiore al decimo anno.
  •  Si possono richiedere delle anticipazioni per spese sanitarie, con un’aliquota del 15% che varia fino al 9% in base alla durata del fondo pensione.
  •  Sono previsti dei riscatti per invalidità permanente di tutta la posizione individuale o inoccupazione per 12 mesi o due anni, applicando un’aliquota del 23% o, dopo otto anni, per il 30% senza nessuna motivazione.
  •  Il fondo pensione può essere trasferito su un altro fondo pensione mantenendo la stessa anzianità di adesione.
  •  Protegge il patrimonio accantonato in quanto è impignorabile ed insequestrabile, tranne nella fase di erogazione della prestazione (capitale o rendita), che può essere pignorata di 1/5.
  • Le posizioni maturate sono escluse dall’asse ereditario, sempre nel rispetto del diritto alla “legittima” riferita alle successioni.
  •  La pensione in un fondo pensione viene erogata dalla Compagnia di Assicurazione convenzionata e può essere vitalizia, certa per i primi 5 o 10 anni e reversibile su un altro soggetto fino al 100%.

Gli elementi da considerare per l’adesione ai fondi pensione sono i costi ed il motore finanziario a cui sono legati i contributi versati dagli aderenti.

  •  I costi in un fondo pensione si riferiscono alle rispettive commissioni applicate per la gestione amministrativa e finanziaria, che troviamo nell’indicatore sintetico dei costi (ISC).
  •  Il motore finanziario si riferisce alle linee d’investimento, che segue il fondo e generalmente sono di quattro tipologie: garantiti – obbligazionari – bilanciati – azionari. A seconda delle linee di gestione, i contributi versati e rivalutati possono essere più o meno “volatili”.

In conclusione, i fondi pensione, oltre che strumenti di previdenza complementare finalizzati ad integrare la pensione pubblica, offrono notevoli vantaggi e, ancor di più, sono prodotti di tutela patrimoniale e successoria con redditività e costi accessibili.

Un cenno di riferimento va fatto sui fondi pensione sottoscritti in Italia in quanto, vista la legislazione vigente, non possono essere trasferiti in un altro stato europeo per normative fiscali diverse. Questo significa, che un lavoratore in Italia, se si trasferisce in uno dei paesi dell’Unione Europea, dovrà aderire al fondo pensione vigente in quel paese ospitante, non potendo trasferire la sua posizione già maturata, perché manca l’armonizzazione giuridica negli Stati dell’UE.

In virtù di quanto sopra, con il regolamento dell’UE 2019/1238, sono stati definiti i criteri dei fondi pensione paneuropei, definiti “PEPP” (Pan-European Personal Pension Product), i quali sono stati applicati in Italia dal 22/03/2022 e a breve dovrebbero prendere forma con i relativi decreti attuativi.

I “PEPP” a differenza dei nostri fondi pensione, non prevedono il versamento del TFR, ma hanno l’obiettivo di regolare ed omogeneizzare i fondi pensione in Europa e i relativi prodotti che si dovranno registrare presso “EIOPA”, in quanto autorità di vigilanza.

La previdenza complementare è tanto delicata e complessa, quanto importante per tutti noi lavoratori e i risvolti normativi, finanziari ed economici qui riportati ne sono la conferma. Risulta quindi opportuno avere validi canali distributivi per una corretta e adeguata collocazione sul mercato e un buon livello di know-how, per riconoscere l’importanza di questi strumenti di previdenza complementare e integrativa.

“I contenuti sono riferibili unicamente all’autore ed esprimono la sua personale opinione al 30/10/2023. Non costituiscono alcuna raccomandazione d’investimento e non impegnano le società e istituzioni di appartenenza”.

*Esperto formatore in Bancassurance

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NOTE

(1) 60% se a beneficiarne è solo il coniuge; 70% se erogata in favore di un solo figlio; 80% se gli aventi diritto sono il coniuge e un figlio o due figli senza coniuge; 100% se ad avere diritto alla reversibilità sono il coniuge e due figli o tre o più figli
(avvocatieziobonanni.it).
(1BIS) GAP previdenziale: si possono colmare le scoperture? www.a1life.it
(2) (PAS CONSULTING 2023 lavoratori dipendenti privati Inps).
(3) Attivi Netti fondi negoziali e fondi aperti, Riserve Matematiche dei PIP e dei Fondi Preesistenti, etc.
(4) La Pensione di Domani – di Marco Lo Conte – Edizioni Il sole 24 ORE.
(5) Il Sole 24 Ore del 22/03/23 di M. Rogari.

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