di Ivo Invernizzi
Come indicato recentemente da una nota agenzia di stampa internazionale, nel caso delle fusioni per le banche nostrane, la bozza del Decreto Sostegno Bis potrebbe includere un riferimento specifico alle imposte differite attive (Deferred Tax Assets o DTA) che potrebbero essere convertite in crediti tributari nella fattispecie del realizzo, in presenza di una aggregazione tra istituti bancari. Il riferimento come limite di credito fiscale è alla variazione dal 2% al 3% del valore totale della banca ‘incorporata’ coinvolta nella fusione (in una fusione per incorporazione, la banca ‘incorporata’ generalmente coincide con la banca ‘acquisita’ che potrebbe essere di norma comparativamente di dimensioni inferiori rispetto alla banca ‘incorporante’). Sempre nella bozza di Decreto, tale convertibilità delle DTA in credito fiscale effettivo sarebbe ‘dilazionata’ fino al 30 giugno 2022.
Noi di AnalisiBanka richiamiamo l’attenzione dei lettori sull’odierno scenario delle fusioni tra banche europee e soprattutto italiane, delle quali molto si parla sulla stampa finanziaria. Il nodo della questione è che le citate DTA, in caso di aggregazione possono apportare un beneficio evidente al patrimonio di vigilanza, in particolare migliorando l’indicatore CET1 ratio del soggetto risultante dalla aggregazione rispetto al CET1 ratio attuale del soggetto ‘aggregante’. Miglioramento questo, non di rado nella misura di alcune decine di basis points al ratio, quindi di incremento in termini di qualche miliardo di euro al CET1 o patrimonio bancario di migliore qualità, quindi al grado di qualità e robustezza patrimoniale della nuova banca originata dalla fusione.