di Ivo Invernizzi
L’asset encumbrance si definisce come un diritto vantato da soggetti terzi su un asset, tipicamente un titolo ottenuto a garanzia in un rapporto di credito. Se ci soffermiamo al caso alle operazioni di finanziamento collateralizzato, tali diritti hanno tradizionalmente assunto la forma di diritto patrimoniale vantato dal creditore all’ incasso cedole o dividendi sui titoli consegnati in forma di collaterale dal debitore, o come avviene nel caso del pegno su titoli, da un mutuatario a un prestatore. L’Autorità Bancaria Europea (EBA) definisce l’asset encumbrance ratio come uguale al totale delle attività vincolate più il totale delle garanzie reali ricevute riutilizzate diviso per le attività totali più le garanzie totali ricevute disponibili. A partire da settembre 2020, le istituzioni finanziarie dell’UE evidenziavano un tasso medio di asset encumbrance del 27,9%. Detto semplicemente, le banche devono specificare le attività di cui i creditori possono impossessarsi se la banca non adempie ai propri impegni. Se la banca debitrice è inadempiente, la banca prestatrice può liquidare l’attività per recuperare il credito. Soffermiamoci ora sulle operazioni collateralizzate ai fini del calcolo del nuovo coefficiente di Basilea III Net Stable Funding Ratio (NSFR) (che lo ricordiamo è dato dal rapporto tra available stable funding ASF a numeratore e Required Stable Fundig RSF a denominatore). Secondo una regola generale, ai fini del calcolo dell’NSFR le banche dovrebbero escludere dalle loro attività i titoli che hanno ricevuto in prestito in operazioni di prestito titoli garantito di cui non hanno una titolarità effettiva e che sarebbero da tenere fuori bilancio (off Balance Sheet). In questo caso, non esiste un trattamento specifico ai fini dell’NSFR per il collateral, sia in termini di ASF sia di RSF. Se, tuttavia, la garanzia ricevuta è tenuta in bilancio dalla banca prestatrice che ne vanta una beneficial ownership (quindi un diritto a incassarne le cedole nel caso di un bond), salvo eccezioni di natura contrattuale a tale garanzia dovrebbe essere attribuito un fattore RSF in base alle sue caratteristiche, soprattutto in connessione a un eventuale ‘riutilizzo’ da parte della banca dell’attività in altre operazioni di funding ‘passivo’. L’RSF (funding stabile richiesto) è definito nel framework di Basilea III come l’importo del funding stabile richiesto dalle Autorità di Vigilanza sulla base del valore delle attività in bilancio detenute dalla Banca, moltiplicato per un ‘fattore RSF’. La garanzia è da considerarsi ‘gravata’ per la durata dell’operazione di repo o garantita, anche se la scadenza effettiva della garanzia è inferiore all’anno. Ciò è dovuto al fatto che tale garanzia dovrebbe essere sostituita una volta raggiunta la scadenza. La garanzia costituita nell’ambito di un’operazione collateralizzata con scadenza superiore all’ anno dovrebbe essere soggetta a un fattore RSF del 100%, indipendentemente dalla sua scadenza. Per completezza, ricordiamo che un fattore RSF del 100% significa che l’attività o l’esposizione deve essere interamente finanziata da un funding di tipo stabile perché è illiquida. In tal senso, un fattore RSF dello 0% si applica alle attività completamente liquide (cash). Gli altri fattori RSF sono 85%, 65%, 50%, 15%, 10% e 5%. L’importo totale RSF è la somma degli RSF per ciascuna categoria.