Autore: prof. CARRANO Salvatore
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Se il 4 dicembre prossimo vince il No, otto banche italiane rischiano il fallimento; per colpa delle banche italiane, secondo Steve Eisman, l’Europa sarà investita da una crisi finanziaria paragonabile a quella causata dai subprime in America e il Broker Berenberg ravvisa la necessità di ripulire i bilanci bancari svalutando ulteriormente i crediti deteriorati. Tre segnali di forte criticità che, insieme e insistentemente, convergono sul sistema bancario italiano.
Solitamente, finché un segnale resta confinato nel campo dell’ipotesi incerta, è bene evitare di prendere decisioni affrettate, creerebbero solamente pericolosi allarmismi. Quando però diversi indicatori confluiscono sullo stesso elemento considerandolo decisamente critico, allora conviene agire e tentare di prevenire, o almeno contenere controllandole, le travolgenti e ingovernabili conseguenze.
Monte dei Paschi di Siena, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Carige, Banca Etruria, CariChieti, Banca delle Marche e CariFerrara sono gli otto istituti di credito a rischio fallimento nel caso di un’eventuale vittoria del No. Le banche menzionate presentano crediti deteriorati per oltre 50 miliardi di euro e per essere salvate servirebbero, a sentire le fonti governative, 4 miliardi. In verità, la cifra necessaria per il salvataggio delle banche in difficoltà è destinata almeno a raddoppiare considerato che l’assemblea dei soci della sola banca toscana, per scongiurare la risoluzione, ha approvato un aumento di capitale da 5 miliardi di euro.
I crediti deteriorati lordi della Monte Paschi risultano pari a circa 45 miliardi di euro e le altre sette banche figurano anch’esse nella lista degli istituti di credito italiani con maggiori quantitativi di Npl in portafoglio. Inoltre, per tutte e otto le banche, il livello medio di copertura del totale dei crediti deteriorati è di poco inferiore al 50%, mentre l’incidenza media rispetto agli impieghi si attesta intorno al 20%, con punte massime superiori al 30%.
Steve Eisman, l’ispiratore de “La grande scommessa”, in un’intervista rilasciata a “The Guardian”, è convinto che le banche italiane, traboccanti di crediti deteriorati, saranno la causa scatenante di una nuova e violenta crisi finanziaria che investirà l’intera Europa. Il Finanziere americano sostiene che le banche italiane riportano in bilancio le esposizioni in sofferenze valutate per un valore raddoppiato (e anche oltre) rispetto a quello reale.
Le banche italiane soffrono di 360 miliardi di euro di Npl. La valutazione in bilancio di questi crediti è prossima al 50%, mentre il valore di mercato si aggira intorno al 20%. Cento miliardi di euro di sopravvalutazione che, decidendo di ripulire i bilanci bancari, causerebbero non pochi problemi di insolvenza a diversi istituti di credito.
Nel caso specifico dell’istituto senese, i crediti deteriorati indicati in bilancio per 45 miliardi, valgono in realtà solo 18 miliardi e i 27 miliardi mancanti, qualora non venissero fronteggiati, non solo assorbiranno i 9 miliardi di patrimonio netto ma, impietosamente, provocheranno anche un’eccedenza del passivo in bilancio.
Gli analisti del Broker Berenberg, in un rapporto pubblicato pochi giorni fa, evidenziano che il livello delle sofferenze bancarie del 10,4%, al netto degli accantonamenti, sul totale dei crediti è comunque ancora troppo elevato e, pertanto, servono sia ulteriori svalutazioni dei crediti deteriorati e sia nuovi accantonamenti, per almeno altri 45 miliardi, oltre ai 5 già previsti per il Monte dei Paschi.
Le banche italiane “soffrono di troppe sofferenze”, hanno urgente bisogno di capitali per evitare il rischio di insolvenza e, quindi, un aiuto di stato per lo smaltimento degli Npl, sembrerebbe tanto doveroso quanto lecito. Riflessioni meno buoniste e più orientate alla logica del profitto, consiglierebbero, però, di concedere gli aiuti qualora i beneficiari ne potessero fare un uso fruttuoso. Possono ancora le banche produrre redditi soddisfacenti con i costi fermi a quando i ricavi erano molto più sostanziosi degli attuali? La (scarsa) redditività delle banche è, purtroppo, il problema e, senza risolverlo, anche gli aiuti per smaltire i crediti deteriorati finirebbero per essere un tampone che pone solo provvisorio rimedio all’urgenza delle sofferenze.